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29/10/2025 16:55
C’è un lato della cura di cui si parla ancora troppo poco: quello di chi, ogni giorno, si prende cura degli altri. Educatori, psicologi, assistenti sociali — figure fondamentali per il nostro welfare — stanno attraversando una vera e propria crisi silenziosa.


Non mancano le persone fragili da assistere, ma chi lavora nella cura è spesso lui stesso in difficoltà: stipendi bassi, carichi di lavoro elevati, poche prospettive di crescita. E così, il Terzo Settore — che rappresenta il cuore pulsante della solidarietà nel Paese — fatica sempre di più a trovare e trattenere professionisti qualificati.

Negli ultimi dieci anni le iscrizioni universitarie alle professioni di cura sono cresciute del 30%. Ma non basta. Troppi giovani, una volta entrati nel mondo del lavoro, si scontrano con un sistema che non riconosce pienamente il valore sociale — e umano — del loro impegno. Il risultato? Turnover altissimo, precarietà diffusa, e il rischio concreto di perdere energie e competenze preziose.

Oggi diventa quindi urgente guardare anche “l’altro lato della medaglia”: sostenere chi sostiene. Riconoscere che prendersi cura di chi cura significa investire nella qualità della vita di tutti, perché il benessere collettivo non si costruisce solo con risorse economiche, ma con persone che si sentono viste, valorizzate e messe nelle condizioni di fare al meglio il proprio lavoro.