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17/11/2025 18:35
La ristorazione ha sempre maggiore esigenza di materie prime già lavorate e pronte da usare piuttosto che di quelle appena raccolte. È un indicatore dello stato del settore negli ultimi anni, soprattutto da quando la pandemia ha costretto diversi locali a chiudere. Da allora, i ristoranti hanno iniziato un periodo di crisi, per sopravvivere alla quale molti hanno dovuto tagliare il personale. Ma per garantire un servizio veloce serve tempismo, i prodotti vanno preparati in tempi rapidi. Ecco quindi da dove viene la richiesta dei ristoratori, che ora hanno a disposizione sempre meno personale che possa farsi carico di lavorare la materia prima.
Può stupire, ma la tendenza di chiedere materie prime già pronte non appartiene solo all’Italia. Anche nel Regno Unito, a esempio, assistiamo a una situazione simile, soprattutto a partire dalla Brexit, cioè da quando lo Stato uscì dall’Unione Europea. Regno Unito che peraltro è uno dei quattro maggiori destinatari di alimenti Made in Italy, con Germania, Francia e Nord America. E l’export è spesso preferito dalle piccole aziende italiane rispetto al mercato nazionale, perché il rapporto costi-benefici è generalmente migliore.
Con i dazi imposti dall’America e il ridotto controllo sui prodotti stranieri che viaggiano nell’Unione Europea, che può originare i cosiddetti “falsi made in Italy”, la tendenza all’esportazione sta però diminuendo drasticamente. Questo rappresenta una sfida anche per la ristorazione, che deve sapersi rinnovare in un contesto in continua trasformazione. È il tema alla base della due giorni del congresso nazionale dell’APCI, Associazione Professionale Cuochi Italiani, che quest’anno si tiene a Milano. Un evento cominciato con una visita degli chef al Mercato Agroalimentare, che ha mostrato la qualità delle proprie materie prime e rinnovato la sfida di rispondere alle nuove esigenze della ristorazione.