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11/09/2025 19:41
Una telecamera spenta ha rallentato l’indagine sulla violenza sessuale avvenuta a San Zenone al Lambro, comune tra Milano e Lodi la sera del 30 agosto. L’impianto nel parcheggio dietro la stazione dove si è consumata l’aggressione non funzionava, rendendo più complesso capire i movimenti della vittima e ricostruire la fuga dell’uomo.
La procuratrice di Lodi, Laura Pedio, ha sottolineato l’importanza di avere telecamere numerose e perfettamente operative, sia pubbliche sia private. “Questo rallenta le indagini e può compromettere il lavoro degli investigatori”, ha spiegato, facendo un appello agli amministratori locali a curare sorveglianza e manutenzione.

Quella sera, la diciottenne, dopo aver trascorso del tempo con sua sorella, stava tornando verso per prendere il treno delle 23.04 diretto a nord del capoluogo lombardo, dove vive con la famiglia. Era quasi arrivata allo scalo, quando è stata sorpresa in un’area boschiva poco vicino. Qui è stata prima picchiata e poi abusata, cercando di resistere al suo aguzzino per circa un’ora. In lacrime, ha avuto la forza di chiamare il 112, fornendo dettagli fondamentali che hanno permesso agli investigatori di seguire le tracce e individuare la via di fuga. Le registrazioni raccolte lungo il percorso e all’ingresso del centro di accoglienza dove l’aggressore lavorava come aiuto cuoco hanno permesso di stringere il cerchio.
Questa vicenda ha acceso il dibattito sulla sicurezza nelle stazioni e nelle aree pubbliche. La politica è scesa in campo: La Lega ha sollevato la questione, chiedendo controlli costanti e strumenti più severi per prevenire episodi del genere, compresa l’adozione di misure estreme come la castrazione chimica per reati gravi.