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11/06/2025 16:23
”Non era mio intento ammazzarlo, volevo solo rapinarlo”. Con queste parole Daniele Rezza, 20 anni, ha cercato di spiegare davanti alla Corte d’Assise di Milano cosa sarebbe accaduto lo scorso ottobre a Rozzano, quando Manuel Mastrapasqua, 31 anni, è stato ucciso con una coltellata al petto per un paio di cuffie da 14 euro. Rezza è accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi e dalla minorata difesa, oltre che di rapina aggravata.

Durante le dichiarazioni spontanee rese in aula, il giovane – in carcere a San Vittore dal 14 ottobre scorso – ha tentato di ricostruire la dinamica del delitto: “Mi sono avvicinato con il coltello per farmi dare quello che aveva, ma lui ha reagito, si è innervosito, mi è saltato addosso. D’istinto ho alzato il coltello e gliel’ho puntato”.

Un racconto che ha provocato la reazione indignata della madre di Mastrapasqua, presente tra il pubblico: “Non è vero!”, ha urlato, accusando l’imputato di mentire. Suo figlio stava semplicemente tornando a casa dopo una giornata di lavoro.

Rezza ha aggiunto di aver compreso solo il giorno seguente, leggendo la notizia online, che Mastrapasqua era morto. “Non pensavo nemmeno di avergli fatto del male. Appena ho tolto il coltello, sono scappato senza voltarmi”. Ha inoltre dichiarato di aver scritto una lettera di scuse appena arrivato in carcere, promettendo di intraprendere un percorso di giustizia riparativa. Tuttavia, la famiglia della vittima, assistita dall’avvocato Roberta Minotti, ha affermato di non aver mai ricevuto quella lettera.

Nel corso dell’udienza sono stati ascoltati i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e un caro amico della vittima. “Eravamo come fratelli – ha detto il testimone – ci conoscevamo da 18 anni. Manuel era una persona gentile, premurosa, mai incline alla violenza. Di fronte a un’aggressione, si sarebbe allontanato, non avrebbe reagito con forza”.

Un ulteriore elemento di dubbio sulla versione dell’imputato è emerso dalla consulenza del genetista Pasquale Linarello, secondo cui non sono stati trovati segni di difesa sotto le unghie della vittima. La mancanza di DNA potrebbe rafforzare l’ipotesi che Mastrapasqua non abbia avuto neppure il tempo di reagire.